Omelia XII Anniversario - 23 Agosto 2006 - Suor Maria Alfonsa di Gesù Bambino Ancella Riparatrice

Omelia XII Anniversario – 23 Agosto 2006

Monsignor Pio Vittorio Vigo
arcivescovo-vescovo di Acireale
a cura di Mons. Pio Vittorio Vigo

Cari sacerdoti e padri delle diverse congregazioni, signor sindaco, autorità civili e militari, componenti del consiglio generale, sorelle di questo istituto, a tutti voi il mio saluto cordiale e gioioso, gioioso per la celebrazione che stiamo vivendo insieme e per la sorpresa nel ritrovarmi in questa realtà, in questa circostanza che non pensavo fosse così sentita e partecipata: la gioia che viene anche da questa vostra presenza è data dal desiderio di unirvi ad una maestra di vita che, con la sua sofferenza, la sua preghiera, la sua emulazione, la sua dedizione, ha potuto seminare pace e speranza. 


La Parola del Signore, che ci è stata annunziata, ci chiede di rileggere la nostra vita per vedere come l’abbiamo saputa dedicare agli altri. La prima lettura riguardava direttamente i pastori e ci spinge ad effettuare un esame di coscienza assai attento per valutare come trattiamo coloro che ci vengono affidati. Nella dimensione pastorale rientrano tutti i responsabili delle realtà e della vita altrui, cominciando dalla famiglia, per poi aprire lo sguardo a tutte le realtà dove c’è questa dimensione di servizio. Persino le pagine del Vangelo ci evidenziano le dimensioni di generosità e di mistero: è il Signore che sceglie alcuni per offrire loro l’abbondanza delle grazie. 

E pensando a suor Alfonsa, proprio in coincidenza con la proclamazione del Vangelo, ho pensato che Iddio Padre le ha riservato la stessa misura di dono che ha dato al Figlio: per noi è sconvolgente, ma al Figlio ha riservato la croce, mentre a suor Alfonsa ha chiesto di vivere in questa dimensione sacrificale di offerte di donazione che, umanamente, sembra una morte prematura, una crocifissione senza nessun valore. Ma se invece guardiamo il tutto dal punto di vista che è Dio e che è la Grazia che transitano attraverso la tribolazione, troviamo la fecondità più ampia. Il Figlio ha salvato il mondo dalla croce, quando era, umanamente, nell’impossibilità di ogni movimento e nei dolori della vita. 

Suor Alfonsa ci ha riuniti. Difatti, Ella agisce dal Paradiso con tutta la ricchezza di un candelabro di virtù, così è stata definita dal nostro vescovo, e continua ancora a darci luce per la nostra vita, sostegno per la nostra fedeltà. E quando ho pensato alla figura di suor Alfonsa, mi è venuta in mente l’immagine di una lampada che arde, e mi ha fatto veramente piacere accostare questa ispirazione sia col “candelabro di virtù” che con la “fiamma” ricordata dalla responsabile degli “Amici di suor Maria Alfonsa”. Una lampada che arde… E quando una lampada arde, arde in fondo per due grandi scopi: quello di illuminare ciò che ha davanti e quello di essere anche un punto di riferimento. Suor Alfonsa, che è lampada che arde, ha dinanzi a sé la ricchezza, la bontà, la misericordia del Dio che ha amato da sempre e verso il quale ha dato tutta la sua vita. 

La consacrazione religiosa è un dono che si può ottenere solo se c’è la grazia dello Spirito, ma è anche il dono di tutta la propria esistenza a Dio. E’ un dono che si fa con l’attenzione dell’amore e, quindi, con dentro l’entusiasmo e l’energia che il Signore dà a ciascuno di noi. La consacrazione verginale, la consacrazione religiosa di suor Alfonsa, è stato proprio questo ardere come una lampada per il Signore Gesù, una lampada che è stata anche disposta a donarsi in terra straniera, e per questo la sappiamo missionaria. 

Ma è anche una lampada che ci dà un’indicazione: la vita consacrata è anche segno della presenza, del modo di come poter vivere in questa realtà del mondo, in questa storia, nella nostra storia, come anche in quella di altri tempi e come sarà in quella del futuro, la dimensione del Vangelo, la dimensione del Regno. In fondo, Ella apre il proprio cuore per dare al Regno la possibilità di manifestare le Sue opere nella nostra realtà temporale: rendere Dio e l’azione divina in contemporanea all’uomo che vive. 

La vita religiosa è la continua profezia di questo Regno divino che il Signore ha voluto mostrare e vuole donare a ciascuno di noi: tutti siamo chiamati alla pienezza della vita e tutti siamo chiamati, in diverso modo, a questa realtà divina. Ed ecco, che l’uno aiuta l’altro, l’uno sorregge l’altro; ci confortiamo a vicenza per camminare, salire, così come una fiamma sale verso l’alto. 

La lampada che arde è anche una lampada che ha bisogno di nutrirsi. Non arde per un’energia autonoma, ma ha bisogno di essere alimentata e suor Alfonsa, in questo senso, ci dà questa indicazione: la creatura che parla di Cielo deve nutrirsi di Cielo qui in terra,  e suor Alfonsa per questo ha creato un rapporto intimo, personale con Gesù Eucaristia. 

Quando ci si nutre di Gesù Eucaristia, come ha detto Giovanni Paolo II, già si gusta la realtà del Cielo: è un assaggio di questo Cielo meraviglioso che noi non conosciamo, ma che sappiamo e crediamo che esista e per il quale tutti siamo stati chiamati. Allora ci prepariamo nutrendocene e suor Alfonsa si è nutrita certamente di Eucaristia, del la Parola del Signore, di questa energia vitale che ha trasformato la sua vita in un atto continuo di amore, amore verso Dio; e quest’energia è diventata carità che si riversa verso gli altri ed ella, come una lampada, è diventata un punto di riferimento. 

Ma una lampada che arde è anche una lampada che si consuma: è il mistero della croce, in fondo, quello che si verifica nella realtà di una lampada che arde. Mi piace sottolineare un aspetto del Crocifisso che certamente suor Alfonsa ha potuto meditare e sperimentare con la sua vita, ed anche col suo nome: le è piaciuto in particolare suor Maria Alfonsa di Gesù Bambino, e ve ne spiego il motivo. Nostro Signore, mentre sulla croce stava vivendo la maturità dell’amore nella pienezza della donazione, una donazione vissuta in un ambiente ostile che aveva un’espressione di odio verso di Lui, rifiutato dall’umanità e combattuto dalla forza del male che inveiva contro di Lui, continuando ad amare, stava dimostrando la più alta dignità della persona umana e della forza di amare: in quel momento viveva la dimensione dell’infanzia, perché si consegnava nelle mani del Padre, come un bambino si consegna alle braccia della mamma: “Nelle Tue mani, o Padre, consegno la mia vita”. La grandezza dell’umanità di Cristo, rafforzata e qualificata dalla persona divina, si misura nell’infanzia spirituale del dono totale di Sé al Padre. 

Suor Alfonsa è stata una maestra d’amore, di fedeltà, di pazienza, di sopportazione, di emulazione; si andava consumando come una lampada, ma era anche una bambina: aveva bisogno di essere condotta, sorretta, aiutata. Si è affidata alla Provvidenza divina ed alla manifestazione dell’Amore divino, attraverso l’aiuto delle sorelle. Era matura, ma anche secondo la dimensione di Gesù Bambino e questo, certamente, ci invita a rivedere anche la nostra vita, sia per essere sostenitori o sostenitrici della vita degli altri, che figli accoglienti dell’azione della carità dell’altro, perché chi è povero, chi è semplice, chi è bambino mette in luce le qualità dell’altro e rende possibile questa manifestazione della ricchezza interiore che ciascuno possiede. Se tutti fossimo grandi, nessuno potrebbe sperimentare la ricchezza della vita che porta dentro, perché nessuno avrebbe bisogno dell’altro. Ma proprio perché c’è come vocazione quella di essere grandi ma anche piccoli, ci aiutiamo a vicenda, sia nell’esercizio delle nostre qualità, sia nell’accoglienza delle qualità e dei doni che ci vengono dagli altri. 

In fondo, la lampada che arde è anche principio di comunione e suor Alfonsa è principio di comunione di una vita, di una comunità, di un’istituto, di un popolo, e noi siamo qui, perché siamo stati convocati da questa lampada che arde e che ci ha attratti a sé per cominciare nuovamente. E’ la storia della gloria di Dio, è l’aiuto vicendevole, è l’esperienza della comunione con Dio, è una ricchezza che va sempre più maturando nella nostra vita. 

Per queste verità dobbiamo ringraziare il Signore, che mantiene sempre presenti queste forze, queste luci, che ci indicano il cammino autentico da seguire per essere fedeli al Vangelo, che sembrerebbe impossibile vivere ma che, con la testimonianza dei Santi, ci rendiamo conto che invece è realtà attuale e attuabile, è il modo che qualifica l’uomo veramente; è l’esperienza dell’Amore di Dio che ci raggiunge e ci riempie. 

Queste riflessioni suscitano in noi sentimenti di lode verso Dio e lo facciamo nella più sublime maniera, attraverso la celebrazione eucaristica dove le nostre voci si uniscono come un fascio di sentimenti all’unisono con la voce del Figlio per essere una cosa sola con il Figlio nella preghiera al Padre. E certamente Iddio ascolterà le nostre suppliche. Una preghiera che nasce dall’offerta, dal sacrificio e, perciò, dal dolore, dalla sofferenza, diventa elemento della nostra fiamma d’amore, ed è una preghiera che diventa offerta quotidiana del sacrificio e della fatica di ogni giorno per essere fedeli al nostro compito. Una preghiera che è anche fatta di gioia, perché siamo tutti insieme come figli dell’unico Padre. 

E per questo rendiamo lode al Signore e custodiamo nel nostro cuore quanto Egli ha voluto donarci in questo giorno santo. 

Messina, 23 Agosto 2006

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